Il dittatore del Paese socialista esalta gli armamenti atomici e parlando al suo popolo dice: "Sono un deterrente alla guerra e garantiscono protezione alla nostra sovranità nazionale". Sarà riavviato il reattore nucleare fermato nel 2007. Monito del segretario generale dell'Onu: "Pyongyang in rotta di collisione con la comunità internazione, negoziato urgente"
La crisi politico-diplomatica che vede protagonista la Corea del Nord opposta a Corea del Sud e Stati Uniti "è andata troppo oltre". Il monito giunge del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che da Andorra parla di Corea del Nord è nel pieno di una "collisione" con la comunità internazionale che potrebbe degenerare in guerra. Il segretario generale dell'Onu, ex ministro degli Esteri della Corea del Sud, preme per un "urgente negoziato internazionale" e si dice "convinto che nessuno abbia intenzione di attaccare" il regime di Pyongyang.
Parole che seguono l'annuncio nord-coreano del prossimo riavvio del reattore nucleare di Yongbyon, impianto da 5 megawatt, fonte di plutonio per il programma di armamento del regime, fermato nel 2007 a seguito di un accordo raggiunto al tavolo a Sei, il negoziato multilaterale che coinvolge le due Coree, Usa, Cina, Russia e Giappone, lanciato per spingere Pyongyang ad abbandonare le ambizioni nucleari in cambio di aiuti.
La mossa nord-coreana è in linea con il discorso tenuto dal leader Kim Jong-un domenica scorsa, in occasione della riunione plenaria del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori, esaltazione dell'armamento atomico del Paese. Riassumibile con il seguente passaggio: "La nostra forza nucleare è un affidabile deterrente della guerra e una garanzia a tutela della nostra sovranità".
Nel suo intervento il dittatore ha puntato il dito contro i "nemici", a partire dagli Usa che tentano di trascinare Pyognyang nella corsa agli armamenti, e mette in evidenza la necessità di accelerare lo sviluppo economico. Anzi, proprio la condotta di Washington e dei suoi alleati, sono un tentativo di "ostacolare il miglioramento economico" del Paese. Kim ha promesso di rafforzare il deterrente atomico "qualitativamente e quantitativamente" per contrastare le minacce Usa e di ricostruire l'economia: due obiettivi ai quali lavorerà "simultaneamente", assicurando pure il lancio di altri "satelliti".
La riapertura "senza indugio" dell'impianto di Yongbyon è riportata dall'agenzia ufficiale Kcna, a cui un portavoce dell'agenzia nucleare ha spiegato che il passo è in linea con la politica "di rafforzare la forza armata nucleare tanto in qualità che in quantità" e anche per risolvere "la grave" carenza di energia elettrica nel Paese.
La Corea del Sud ha espresso profondo rammarico per l'annuncio. "Se la notizia è vera, è di sicuro deplorevole", ha detto Cho Tai-young, portavoce del ministero degli Esteri, Pyongyang dovrebbe "rispettare pienamente gli accordi raggiunti per garantire la denuclearizzazione della penisola coreana".
Contro il riavvio del reattore di Yongbyon, dura presa di posizione del Giappone, che la considera una violazione da parte della Corea del Nord delle promesse fatte anche alle Nazioni Unite. "Sarebbe in violazione dei colloqui a sei e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - ha dichiarato il portavoce del governo nipponico, Yoshihide Suga -. Sarebbe una grave preoccupazione per il Giappone", ha aggiunto Suga secondo cui il Giappone lavorerà a stretto contatto sulla questione con Usa, Corea del Sud, Cina e Russia, gli altri Paesi del tavolo negoziale a sei.
Intanto, secondo funzionari americani, la Cina ha messo in stato d'allerta le sue truppe sul confine con la Corea del Nord. Pechino, che è alleata del piccolo Paese stalinista, mantiene una forte presenza militare sul confine nel timore che uno sgretolamento del regime porti a un massiccio afflusso di profughi sul suo territorio. Le fonti americane affermano che negli ultimi giorni si sono verificati massicci movimenti di truppe cinesi nei pressi del confine.
La Cina, però, sembra voler frenare fortemente l'escalation nordcoreana. Pechino, infatti, ha bloccato da febbraio il rinnovo e il rilascio dei visti di lavoro riservati ai cittadini nordcoreani, in una mossa che avrebbe i caratteri "punitivi" in risposta al terzo test nucleare. Inoltre, da Pechino giunge oggi l'invito a "tutte le
parti in causa" nella penisola coreana ad "esercitare la calma e la moderazione". Il portavoce del ministero degli esteri Hong Lei ha aggiunto che Pechino è "dispiaciuta" per la decisione nordcoreana di riattivare il reattore nucleare di Yongbyon. Hong, in conferenza stampa, ha sottolineato che "le sanzioni unilaterali" non possono portare alla soluzione della crisi. "Bisogna riattivare al più presto il dialogo", ha concluso il portavoce.
Lo riferisce la tv sudcoreana Ytn, ricordando che a inizio 2012 fu siglato tra i due Paesi un accordo per la fornitura di manodopera "a basso costo", pari a un totale massimo di 100.000 lavoratori, in cambio della "ricercatissima valuta estera" nelle casse del regime comunista. Attualmente, circa 30.000 nordcoreani sarebbero impegnati in Cina nelle fabbriche e negli impianti produttivi a ridosso della frontiera. Se lo stop ai visti dovesse perdurare, Pyongyang accuserebbe ingenti perdite, dato che ogni lavoratore percepisce circa 2-300 dollari al mese riscossi direttamente dallo Stato.
@credits: repubblica.it
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